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La chat di famiglia: come comunicano le famiglie digitali

La chat di famiglia: come comunicano le famiglie digitali

Molto frequentemente mi capita che genitori e figli che incontro in terapia mi raccontano delle loro conversazioni avvenute online nelle chat di famiglia.

Gli scambi online tra i componenti di una famiglia sono diventati anch’ essi, insieme alle comunicazioni offline, un utile materiale di approfondimento e conoscenza sul modo di relazionarsi all’ interno di quella specifica famiglia.

I messaggi online, ad esempio nella chat di famiglia, possono essere non solo di utilità quotidiana e pratica, ma anche relativi a questioni rilevanti da un punto di vista emotivo ed affettivo e che si riflettono anche nella vita non virtuale.

L’uso degli smartphone, che permettono una connessione costante ed in ogni luogo, rende permeabile la barriera tra online e offline.

In alcuni casi diventa difficile ricordare se quell’ interazione sia avvenuta in chat o dal vivo.

Virtuale e reale si fondono e si confondono.

Di conseguenza risulta fondamentale conoscere sempre meglio le famiglie digitali, definite da Williams e Merten, Ifamilies.

In questo senso e nel tentativo di approfondire l’argomento, ho avuto modo di leggere un’indagine sulle famiglie digitali con figli adolescenti condotta dal Centro milanese di Terapia della Famiglia (Mantovani, L’Abbate, 2108).

L’indagine conferma quanto suddetto.

La maggior parte delle famiglie (l’80% del campione) utilizza internet per comunicare tra i suoi componenti e lo strumento più utilizzato è lo smartphone.

Genitori e figli comunicano in primo luogo per motivi organizzativi e pratici, ma anche per condividere emozioni che riguardano esperienze ed eventi.

Quindi gli scambi in chat contribuiscono a creare un NOI della famiglia, veicolando emozioni, esperienze, vissuti, alleanze tra alcuni componenti, opinioni, conflitti, ecc…

La chat è esperienza nel qui ed ora, ma diventa anche con il tempo un diario e una forma di memoria storica della famiglia.

Aroldi, Direttore del Centro di Ricerca sui Media e la Comunicazione, ritiene che attraverso le chat ed i social network si riproducono qualitativamente le stesse dinamiche relazionali preesistenti.

Egli ritiene, inoltre, che le comunicazioni online accentuano la sensazione di vicinanza, ma non sempre e non necessariamente ne deriva un miglioramento della qualità delle relazioni familiari.

Ciò significa che gli scambi online anche se relativi a questioni di rilevanza affettiva non necessariamente aumentano i livelli di vicinanza e di intimità della famiglia.

Molto probabilmente quindi parlare dei propri sentimenti online in chat o condividere stati d’animo non migliora qualitativamente le relazioni quanto invece farebbero le conversazioni offline, fatte di sguardi e caldi abbracci.

Sempre Aroldi identifica 3 modelli di connessione familiare:

Modello autonomo: famiglie nelle quali i singoli membri non interagiscono tra di loro online, ma agiscono individualmente sui social network, escludendo reciprocamente gli altri membri della famiglia, perché assenti rispetto alla piattaforma utilizzata oppure perché nessuna connessione è stata attivata tra i rispettivi profili.

Modello integrato: famiglie nelle quali i singoli membri replicano individualmente  online, in alcune o in tutte le piattaforme frequentate, le relazioni familiari. Si tratta di famiglie i cui membri presenti per esempio su Facebook si includono reciprocamente nella propria lista di contatti; altra possibilità è che sia stato attivato un gruppo famigliare chiuso, ad esempio su Facebook o su Whatsapp. Anche in questi casi, la connessione può coinvolgere tutti i membri e tutte le generazioni o solo alcuni. Ciò dipende dalle competenze digitali e dalla qualità pregressa delle relazioni offline, che possono essere più o meno efficacemente abilitate e sostenute da quelle online.

Modello unitario: vi è la presenza online del gruppo familiare in quanto tale, una soggettività superindividuale, un noi plurale che assume visibilità pubblica e agisce comunicativamente in connessione con altri (singoli, famiglie o istituzioni). È l’esempio, abbastanza diffuso, di coppie che condividono lo stesso profilo Facebook.

Quindi in questa pluralità di modelli entrano in gioco: i social media, che non sono tutti uguali, che mutano abbastanza velocemente e che permettono certe modalità di relazione piuttosto che altre; le variabili relazionali, la trama e la qualità dei legami famigliari offline che possono spingere verso l’una o l’altra configurazione relazionale.

In conclusione ciò che osservo nella pratica clinica con le famiglie è che in alcuni casi viene scelta la comunicazione online per condividere aspetti personali, intimi e che possono essere imbarazzanti se condivisi dal vivo.

Come ad esempio esprimere i propri rancori oppure chiedere scusa all’ altro.

Ciò accade quando in famiglia si ha difficoltà a parlare di sè all’ altro e di conseguenza si ricorre alla chat che, escludendo quella componente non verbale, sguardi, abbracci, sorrisi o lacrime, mette al riparo dall’ imbarazzo.

Il limite, però, è dato dal fatto che in chat non si viene a creare una condivisione intima e profonda.

In questo senso trovo conferma di quanto suddetto che le conversazioni online possono riguardare anche i sentimenti e le emozioni, ma la famiglia replica le sue modalità già espresse offline.

Nella stanza di terapia aiuto genitori e figli o anche la coppia ad incontrarsi, quindi a comunicare, in modo profondo, autentico, intimo e sincero.

Ognuno viene invitato a parlare dei propri sentimenti nei confronti dell’ altro direttamente con la persona coinvolta.

Sfidando i propri imbarazzi e le proprie difficoltà, in uno spazio protetto come quello della terapia, la famiglia può realmente diventare più vicina ed intima.

 

Dott. ssa Roberta de Sio Cesari

Psicologa e Psicoterapeuta.

Ricevo in studio a Napoli e via Skype.

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roberta.desiocesari@gmail.com